Happyland


Il nome si riferisce al barangay 105, una delle zone della nostra parrocchia, che si trova a poche centinaia di metri dalla famosa Smokey Mountain, la montagna di spazzatura alta un centinaio di metri, la vecchia discarica di Manila, oggi ufficialmente chiusa, ma ancora abitata e 'brulicante' ogni giorno di tante famiglie di scavengers. Queste persone fanno gli spazzini per vivere poiché non hanno trovato altri lavori o semplicemente si sono adattati di fatto a questa situazione.

Il barangay 105 è stato ribattezzato dai suoi stessi abitanti con questo nome: 'Terrafelice', Happyland. Questo nome nasce da un ironico gioco tra parole dal suono simile: Happyland non deriva dall'inglese 'happy', ma dal cebuano 'hapilan', che si può tradurre con 'discarica di rifiuti'. Vivendo tra questa gente si resta colpiti dalla loro attitudine a sorridere e scherzare pur vivendo in condizioni di vita estremamente severe. L'ironia e la capacità di sdrammatizzare hanno un ruolo importante nella loro vita, altrimenti qui oltre alla miseria si incontrerebbe anche tanta disperazione, eppure vi assicuro che non è così. Lo stesso nome di Happyland ce lo dimostra.
Nella 'Terrafelice' quindi - la nuova zona in cui ogni giorno vengono scaricati camion di rifiuti - abitano tantissime famiglie, molte delle quali provenienti da altre isole periferiche del Paese: sono i migranti della nostra parrocchia, riuniti insieme in questo 'melting pot' così eterogeneo. Sebbene ad uno sguardo superficiale tutti risultino essere filippini, non appena si entra in relazione con le persone (ad esempio celebrando la messa o portando la benedizione alle famiglie che hanno avuto dei defunti) ci si accorge che pochissimi qui conoscono l'inglese (le loro lingue madri vanno dal cebuano al waray, dal bicolano all'ilocano) ma hanno imparato a cavarsela col tagalog. Quindi se ci si vuole far capire in queste areas, occorre parlare il tagalog.


Nella 'Terrafelice' le persone si arrangiano come possono: qualcuno riesce ad organizzare un piccolo negozietto di street food o altri articoletti da bottega. Qui c'è anche chi raccoglie, cucina e mangia il pagpag: il cibo ricavato dagli avanzi gettati nella spazzatura. Potete trovare un video-reportage a questo link. Molti poi cercano tra le immondizie dei materiali da differenziare e rivendere per il riciclo: grazie al meticoloso lavoro di separazione e raccolta differenziata compiuto da tutte queste persone, la città vede ridursi enormemente il volume complessivo di rifiuti accumulati ogni giorno. Mi sembra sia disumano ma allo stesso tempo miracoloso, il fatto che un popolo silenzioso di spazzini permetta a questa megalopoli a mantenere, giorno dopo giorno, equilibri tanto delicati quanto decisivi: sarebbe interessante fare ricerche per calcolare il reale beneficio economico e ambientale che questo 'popolo marginalizzato' regala ogni giorno alla propria città. L'arte del riutilizzo poi è penetrata profondamente nella cultura di queste persone: basti pensare, ad esempio, che, non avendo grosse disponibilità economiche per procurarsi le decorazioni natalizie, molte famiglie e le stesse associazioni dei barangay sanno valorizzare vecchie bottiglie di plastica trasformandole in graziose stelle decorative, oppure vecchi teli di plastica vengono normalmente adattati come coperture per i 'taxi' più economici, i 'tricicle'. Altre persone, in particolare donne, riescono ad ottenere dei lavori su commissione, come ad esempio sbucciare gli spicchi di aglio. Per 15 chili di aglio sbucciato e lavato, arrivano a guadagnare dai 70 ai 100 pesos: meno di un euro e mezzo.

Negli ultimi tre mesi ho potuto notare come gli abitanti di Happyland abbiano cementificato poco a poco la via principale del barangay, in passato sempre melmosa e malsana e di come, attraverso progressive azioni, abbiano reso meno invivibile la parte più interna del loro abitato, lasciando la grande quantità di rifiuti prevalentemente sul perimetro esterno, divenuta così la 'zona lavoro'. Passeggiando di domenica per le stradine del barangay s'incontrano, come accade ovunque qui, tantissimi bambini che giocano, ma anche sfide di sabong (la lotta tra galli) con scommesse, partite di basket e tante altre attività 'normali'. Col passare del tempo la gente impara a conoscerti, ti saluta, scherza con te, i bambini corrono a chiederti la benedizione. Ci sono tante persone gentili e bene educate.

La festa della cappella - 2014
 Ad Happyland la nostra parrocchia ha ricavato una piccola cappella, incastonata tra le case (altrettanto piccole) ed in prossimità della zona delle palafitte. Una cappella che somiglia ad una piccola grotta, infatti metà del suo perimetro è circoscritto da un cancello anziché da pareti, di modo che tutti, passando lì accanto, possano vedere ed ascoltare quello che si sta facendo. Penso che proprio questo sia un aspetto che la rende particolarmente bella: la sua 'naturale' apertura verso la strada e le case, per invitare le persone a fermarsi ad ascoltare il Vangelo e a lasciarsi coinvolgere nella messa. La messa è animata da un gruppetto di giovani del posto, molto motivati e contenti di rendersi disponibili: i più grandi cantano e suonano la chitarra (l'amplificatore è una vecchia cassa da karaoke malmessa, ma a questo stiamo ponendo rimedio) mentre le ragazzine più giovani si cimentano in piccole coreografie di danza che accompagnano alcuni momenti della messa, come il kyrie, il gloria o il santo. Celebrare la liturgia in questa cappella è un'esperienza ogni volta molto toccante. La disponibilità e il desiderio di queste persone di animare e vivere la messa e le altre iniziative proposte dalla parrocchia, rivelano la vitalità di Happyland: molte persone qui hanno davvero voglia di vivere, non solo di sopravvivere. Più volte nelle omelie ho incoraggiato in particolare i più giovani ad investire seriamente tempo ed energie nello studio e nella formazione umana, perché tutti, con l'aiuto di Dio, possono costruire un futuro ancora migliore del presente in cui si vive. I padri canossiani della parrocchia infatti, da tanti anni garantiscono gli studi a circa 1400 ragazzi e giovani della zona, grazie borse di studio provenienti principalmente da benefattori italiani.
Ad impreziosire ulteriormente il contesto di questo nostro barangay, ci sono le suore Missionarie della Carità, quelle fondate da Madre Teresa di Calcutta, per capirci. Ogni settimana visitano le famiglie di Happyland, partecipano alla messa e quando è terminata si trattengono per un po' di catechesi o per qualche momento di animazione con i ragazzi: i mezzi a disposizione sono essenzialissimi, la confusione è tanta, ma queste giovani suore non perdono mai la pazienza e spendono tanta dolcezza con questi bambini.


Commenti

  1. Grazie Don per questi racconti di vita vissuta che arrivano dritti al cuore e ci portano a riflette sul nostro quotidiano.
    Un abbraccio Francesca e Gianluca

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