La Tavola e le feste



Frequentare la baraccopoli, con il tempo significa anche entrare nelle case, fermarsi con le persone ed imparare a condividere con loro momenti di vita normale. Il semplice visitatore di passaggio si limita ad osservare tutto, rimane in piedi, al limite fa un sorriso e scambia un saluto. L'amico invece si ferma, chiacchiera senza fretta, sosta anche nelle pause dei silenzi, accetta di mangiare qualcosa insieme. Entrare nella casa ed entrare nel cuore sembrano essere due cose strettamente legate, che trasformano l'ospite in "amico".
Divenendo amici, poi, molte distanze si riducono, tante paure si dissipano. Sì, perché noi, che veniamo 'da fuori', abbiamo paura di tutto all'interno delle bidonville, soprattutto (e giustamente) della sporcizia e delle malattie che possiamo contrarre. Fatte salve le doverose attenzioni igieniche di base, se si segue l'input del cuore, con il tempo ci si rende conto che, nonostante le loro condizioni di vita dimesse, ci si può affidare alle premure di questi amici. Si arriva così a sentirsi a proprio agio nel condividere un piatto di cibo e bere qualcosa insieme, senza che prevalga il timore dell'insalubrità. Compartire insieme il pasto, come ho sempre sperimentato, ha un profondo significato nelle relazioni tra le persone: permette di stabilire un legame più profondo di comunione e di gratitudine reciproca. Non è inoltre casuale se le persone con le quali arrivo a questo livello di vicinanza e di convivialità, sono quasi sempre le stesse con le quali condivido, prima o dopo, anche la ricerca di Dio e del bene comune; con molte di queste persone, infatti, leggo il vangelo periodicamente, oppure condivido esperienze di servizio.
Entrando nella vita ordinaria di alcune famiglie, mi rendo conto di quanto siano importanti, specialmente qui nella baraccopoli, i momenti di festa, come ad esempio i compleanni. Aiutano ad 'ingannare' il più possibile la durezza della miseria e a conquistarsi una 'normalità' del vivere, un bisogno legittimo di ogni essere umano. Non sarebbe propriamente umano rassegnarsi a ristagnare passivamente nella tristezza della propria condizione di povertà. Fare festa e gioire è un chiaro segno che non si è persa la propria dignità e la voglia di vivere, che si continua a lavorare strenuamente ogni giorno non solo per sopravvivere, ma per vivere.
Ricordo il compleanno di una giovane ragazza, Ariel, celebrato un lunedì sera in una strettissima iskenita (= vicolo), larga appena un metro e qualche centimetro, ad Happyland. Lungo la stradina però non mancava nulla: il tavolo-buffet predisposto con fierezza dai suoi genitori, con pochi piatti e posate (gli unici a disposizione) e qualche semplice pietanza; qualche sedia e panchetto a ridosso dei muri dove far appollaiare i partecipanti: infine l'immancabile karaoke, corredato da un vecchio microfono con molti metri di cavo, per raggiungere un po' tutti i presenti. Una festa piacevole, vissuta con partecipazione, come sempre animata da tantissime fotografie e selfie. Persone, queste, abituate a vivere senza disporre dello spazio e dei mezzi necessari, che tuttavia non rinunciano a festeggiare i propri figli come si dovrebbe. Un onore per loro la mia presenza; un genuino insegnamento di vita per me il condividere la loro festa.

Ripenso poi al Christmas party organizzato dai giovani di Happyland alcuni giorni dopo Natale. Un gruppetto molto eterogeneo: dai dodicenni ai ventenni; molti cugini o fratelli tra loro. Quando anche per i giovani le possibilità di divertirsi e stare insieme sono poche, ogni attività diventa preziosa. È stata una gioia per me notare che, anche qui nella squatter area, gli adolescenti sono sempre adolescenti. Intendo dire che, nonostante le pesanti privazioni, anche questi ragazzi ci tengono a vestirsi con "eleganza" e a curare il proprio look, specialmente in questi momenti speciali. Chiaramente per diversi di loro ciò si traduce nell'indossare scarpe anziché ciabatte, pantaloni lunghi con cintura, maglietta non bucata o sporca. Un party davvero curato e, a suo modo, 'solenne', con una coppia di presentatori, una scaletta di esibizioni, palloncini colorati e buffet.
Nella mia vita ho partecipato a molte feste, alcune delle quali francamente piuttosto noiose, sebbene apparentemente non mancasse nulla. A quanto sto capendo, però, ciò che rende felici le feste qui ad Happyland sta nell'animo delle persone: è la loro disponibilità a godere del semplice stare insieme. 

 

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