Vivere sotto ad un ponte


Qui a Tondo siamo davvero in tantissimi e ad ogni angolo scopro situazioni di vita che fino a poco prima ignoravo esistessero, rendendomi conto sempre più che alla miseria non c'è limite.
A metà dicembre, insieme a due coraggiose volontarie della caritas parrocchiale, andiamo ad esplorare le baracche costruite sotto ai ponti che collegano la nostra zona con la parte nord del nostro distretto, per conoscere le famiglie che vi abitano. E' una zona che viene visitata di rado, anche i volontari della parrocchia non vengono mai qui.
Così, avventurandoci, abbiamo scoperto quasi dei veri e propri condomini, costruiti con teloni, legno e bambù corrosi dal tempo. Baracche ammucchiate, fissate in modo precario, talvolta miracolosamente aggrappate sotto la 'pancia' del ponte, sospese a meno di due metri dalla putrida acqua sottostante, affastellate a grappoli. Incredibile immaginare quanta gente ci vive: si vedono di continuo persone entrare e uscire, specialmente bambini di ogni età.
Il viale principale che attraversa questo 'villaggio' è un camminamento strettissimo, che spesso coincide con la larghezza del muretto che delimita la terra dal fiume ricoperto da un tappeto di rifiuti galleggianti. Un vero e proprio percorso di abilità ginnica ed equilibrismo, che tuttavia queste persone (anziani compresi) compiono ormai con disinvoltura e sicurezza, anche quando incrociano altri sullo stretto camminamento.
Eppure anche queste famiglie 'tirano avanti' vivendo la loro vita di ogni giorno: vediamo donne che lavano qualche indumento in una bacinella o che cucinano con qualche pentolino e un fornelletto a carbone o alcool; bambini che, in bilico sul muretto-marciapiede (accanto al fiume putrido) si lavano frettolosamente con l'acqua fredda di un secchio per prepararsi ad andare a scuola; accanto a loro, in qualche sporadico spazio tra le baracche, altri adulti che chiacchierano o preparano qualche carretto per andare a vendere street food e così cercare di 'sbarcare il lunario'.
Questi bambini sono comunque più fortunati di altri, perché vanno a scuola. Ripassando più tardi, infatti, incontriamo altri loro coetanei che si danno da fare per raccogliere primizie tra l'immondizia del fiume: sacchetti di plastica, vetro, ferro o altri materiali 'facili da rivendere alle fabbriche'. Alcuni di loro camminano affondando a piedi nudi nel fango o nel putrido tappeto galleggiante formatosi nell'ansa del fiume; altri di loro navigano qualche rivestimento interno di frigorifero a mo' di canoa per riuscire a catturare le 'prede' che galleggiano dove il fiume è più profondo. Altri nuotano e s'immergono in un'acqua che, solo a vederla, mette i brividi.
Non è un'esagerazione. È la vita reale di tantissimi, qui. Purtroppo è (per forza) la normalità per tanti bambini. Mi ricorderò sempre, durante una visita successiva a queste famiglie, la naturalezza con cui due piccole bambine, vinta la prima diffidenza nei miei confronti, si sono arrampicate su per la rudimentale scala di bambù sospesa sul sinistro fiume, per prendere fuori dalla loro baracca una vecchia Barbie da mostrarmi con un sorriso di fierezza: la loro (unica) bambola preferita. La bambola sicuramente più preziosa che io abbia mai visto.
Ulingan, TondoUlingan, Tondo in Philippines - Portrait of a Charcoal Boy ! Really sad to see the child labor in Southeast Asia

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