Cosa ho imparato dal traffico


Da tempo continuo a ripetermi: “bisogna che scriva!”, ma la letale sinergia tra il non decidermi su cosa focalizzare l'attenzione, le celebrazioni della settimana santa seguite da altre attività e, sicuramente, un po' di pigrizia, mi hanno tenuto letteralmente lontano dal blog per più di un mese. 

Ho capito in questo periodo che uno dei traguardi più importanti nell'adattamento sociale di uno straniero è di ottenere la patente di guida del paese ospitante. Per un cittadino italiano qui non è una grande difficoltà, poiché si può richiedere direttamente la conversione senza sottoporsi nuovamente agli esami (che comunque – si dice – dovrebbero essere più semplici dei nostri).

Il problema che, però, nel mio caso, ha complicato un po' le procedure, è stato avere ancora il modello di patente pre-europea: il vecchio pezzetto di simil-stoffa rosa, per intenderci. Io ne andavo anche un po' fiero, invece questo documento si è rivelato inadatto alla conversione immediata, poiché ogni voce è indicata solamente in lingua italiana. Ho così dovuto spendere una mattina dalla parte opposta di Manila, a Makati, presso il Consolato Italiano, per ottenere la traduzione legalizzata, quindi ritornare alla sede centrale dell'LTO (la Motorizzazione Civile filippina) a Quezon City. Ovviamente ho pazientemente girato e atteso in coda tra vari sportelli, fino ad ottenere, con somma soddisfazione (addirittura in giornata!) la mia non-professional driver's license. Chiaramente, gran parte dell'orgoglio sta nell'esserci riuscito praticamente da solo: indice del fatto che mi sono conquistato una certa autonomia d'azione.

    
Potete allora immaginare cosa significhi muoversi attraverso Manila: infrastrutture molto sottodimensionate rispetto al numero di abitanti e di mezzi, una sacco di mezzi obsoleti che sembra funzionino a carbone, miriadi di automobili, furgoni, jeepney, motorini, UV express, taxi e tricicle. Questi ultimi, praticamente motorini saldati ad un sidecar rudimentale, sono la modalità di trasporto più economico e utilizzato per brevi distanze. è molto diffusa anche una loro versione addirittura più economica: il pedicab, ovvero una bicicletta (artigianale, semplicissima e assai robusta) saldata al medesimo trabicolo-sidecar. Lentissimi, ma economici e funzionali. Vi lascio però immaginare lo sforzo del conducente quando trasporta persone sovrappeso in salita! Come se tutto questo caos non bastasse, vanno aggiunti al nostro traffico tanti, tantissimi carrettini spinti a mano, carichi di cianfrusaglie prese dalla spazzatura (specialmente nella nostra zona) oppure frutta o altre merci da vendere. Infine vengono i pedoni e qualche (ancora raro) eroico ciclista: sì, ci sono anche quelli.

      

Mettete tutti questi ingredienti in una rete stradale che, come ho già accennato, spesso si rivela obsoleta (non sempre però, ad essere onesti) e sottodimensionata. Molte vie in realtà sarebbero spaziose, ma la gente ha l'abitudine di fare un sacco di attività ai lati della strada, così la portata della sede stradale si riduce di fatto anche del 60%. Agli incroci poi la gente cerca di passare dove riesce: specialmente i motorini e i tricicle trovano i più fantasiosi shortcuts (scorciatoie) senza necessariamente aspettare il verde. Non è raro che gli stessi risalgano controsenso le strade senza che nessuno se ne preoccupi. All'occorrenza, quando si creano ingorghi particolarmente lunghi, anche i marciapiedi diventano corsie per i motorini: nessuno, nemmeno la polizia, si stupisce o dice qualcosa.

Se penso alla circolazione stradale a Modena, mi rendo conto di scrivervi cose dell'altro mondo. Eppure è così: per coloro che hanno sperimentato per un po' di tempo la vita in paesi “dell'altro mondo” non sto scrivendo nulla di strano o di particolarmente nuovo. 


La cosa che mi ha impressionato più di ogni altra osservando il traffico di questa città, è la quasi totale assenza di conflittualità tra le persone. Mi spiego: mentre da noi è facile sentire insulti e vedere gente litigare per avere la precedenza o per accaparrarsi un posto auto, qui non mi è mai capitato di assistere a nulla di simile. Nel nostro modo di vivere il traffico c'è l'ansia di arrivare a destinazione ad ogni costo il prima possibile, mentre qui si sale in auto dando per scontato sin dall'inizio che non si può sapere a che ora si giungerà a destinazione. Da noi ci si arrabbia per una precedenza negata, mentre qui spesso la gente lascia passare chi chiede la precedenza (pur non avendola) senza neppure imprecare. Qui la gente sa bene che queste cose possono accadere: anche per questo il fluire del traffico spesso è più lento e il modo di condurre i veicoli è maggiormente cauto rispetto a quanto accade in Italia. Mi sembra che la mentalità di queste persone le porti a trovare la via più funzionale per giungere a destinazione sani e salvi (e permettere agli altri di fare altrettanto) al di là della stretta osservanza al codice della strada, lasciando spesso da parte l'ansia della velocità e della fretta.

Di polizia comunque, specialmente agli incroci, se ne vede molta, tuttavia è piuttosto rilassata: gli agenti dirigono il traffico, ma si fermano anche facilmente a parlare con chi chiede indicazioni (pure nel bel mezzo dell'incrocio!) e comunque solitamente non si scompongono per qualche motorino che parte anche prima del verde.

Capisco da tutto questo un aspetto profondamente asiatico del carattere di queste persone: quello di evitare i conflitti diretti. È raro incontrare persone che si scontrino in una lite aperta o che si aggrediscano violentemente. Questo non significa che non ci siano criminalità e violenza anche qui. Voglio solo dire che, attraverso l'esempio del traffico, comprendo come la convivenza nella “città più fitta al mondo” (46000 abitanti per km quadrato, due volte la densità di New York) sia possibile anche grazie ad una radicata attitudine ad evitare la zuffa per una qualsiasi ragione, che potrebbe essere piede pestato dal proprio vicino, una persona che salta la coda o un colpo di clacson in più.

Commenti

  1. Vedere la foto sopra mi viene male. Già non mi piace andare in macchina, poi se c'è fila mi viene l'ansia, penso che non potrei soppravvivere. Un complimento a loro per la pazienza e il modo di vivere la vita- Grazie per averci raccontato questa esperienza.

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  2. Sempre interessanti le esperienze descritte!
    La ricordiamo con affetto
    Mirta e famiglia

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